I Miserabili
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Il medico era stato lì da poco, lasciando Jean da solo con Cosette e Marius. Gli ultimi istanti vanno serbati ai cari più stretti. Valjean era pallido, respirava fragorosamente, ma era sereno: sentiva che l’ora estrema si avvicinava, debole com’era, però era contento di vedere la sua piccola felice e di rendere l’anima a Dio più candida possibile. Parlò a Cosette dei ricordi degli anni trascorsi, a Marius della dote lasciata alla sua figliola. La ragazza sorreggeva Jean singhiozzando, quando vide comparire negli occhi di suo marito un insolito fulgore. Il cuore degli uomini è una miccia e il denaro è la scintilla che appicca il fuoco della malvagità. Cosette non aveva mai riscontrato nello sguardo del giovane Pontmercy tale sordida bramosia. L’anziano giaceva languido nel letto, debole. Marius aggirò il talamo del suocero, avviluppando le dita attorno ad uno dei candelabri donati dal vescovo di Digne.

“Cosa fai?” lo apostrofò la moglie.
“Porto via la tua dote. La tua esistenza al mio fianco non sarà meno dignitosa di quella che ti garantì tuo padre.” rispose, alquanto ruvidamente.
“Mio padre ci tiene molto a quegli oggetti, sono un dono di Monseigneur Myriel, non hai il diritto di sottrarglieli mentre è ancora in vita!”
“Un moribondo non tiene conto dei minuti delle vite altrui!”
“Non ti riconosco più… cosa è successo al Marius Pontmercy che era con me fino ad un attimo fa?”
Cosette piangeva, nel suo cuore gravava dolore che si aggiungeva al dolore, non era certa di essere abbastanza forte da patire tanto. Marius le rivolse un’occhiata gelida, distaccata; nei suoi occhi riecheggiava l’avidità e serpeggiava ancora lo strascico di gratitudine per i Thénardier, covata da molto tempo e probabilmente mai estirpata.
Il respiro di Jean si faceva più fievole.
“Quel Marius è sepolto sotto le macerie della povertà… o forse non è mai esistito!” sentenziò secco Pontmercy.
Si mosse verso il comodino, frugando nei cassetti. Cosette gli strinse un polso, non gli avrebbe permesso di avere un tale esecrabile comportamento, specie al capezzale paterno. Marius si divincolò, iniziò a darle ordini, a dimenticare il suo atteggiamento da gentiluomo, la maschera del galantuomo gli era scivolata di dosso in un istante, rivelando un volto abbrutito dall’ingordigia. Ormai fuori di sé, minacciò la consorte in ogni maniera, ricordandole che in passato era stata una serva e poteva benissimo regredire nuovamente a tale disdicevole condizione. La afferrò per le spalle e le ingiunse: “Non conosci la determinazione dei Pontmercy! Aiutami a portar via le cose del vecchio, o le prenderò da me e ti rivenderò ai Thénardier!”
I polmoni di Valjean si dilatavano e contraevano più silenziosamente, come per non disturbare.
Cosette, improvvisamente realizzò che il suo matrimonio, suo marito, il sogno di costruire una famiglia con lui, altro non erano che meri castelli in aria. Gli umani hanno spesso il vizio di aggrapparsi alle illusioni, a sperarci così intensamente da crederle reali, soprattutto se attorniati da disperazione, miseria, insoddisfazione. Cosette aveva sognato che il volto pulito di Marius celasse un animo altrettanto delicato, abbagliata dalla chimera splendente che non di rado ammalia la gioventù. Quanto era stata stolta, e come bruciava il disinganno!
Jean respirava lentamente, senza emettere più alcun suono.
Scossa da un tremito di rabbia, paura, scontento, la ragazza oppose la disperata resistenza che spinse i rivoltosi a battersi sulle barricate, anche sapendo di non avere chance di salvarsi, l’anno precedente.
Lottò fisicamente con Marius, il quale, possedendo il vigore proprio degli uomini, la abbrancò per i polsi, ordinandole di sottomettersi al suo volere. Cosette lo supplicava, lo implorava di non farle sprecare gli ultimi istanti con suo padre; in cambio l’avrebbe amato come se nulla fosse accaduto. Egli non volle darle ascolto: il suo tono si faceva sempre più imperioso, la costrinse all’angolo della parete. Cosette non voleva venir meno agli insegnamenti di suo padre, imperniati su tolleranza e carità, per cui si sforzava di contrastare la brutalità con tenere preghiere, ottenendo soltanto maggiore ostinazione.
All’improvviso, una voce debole ma ferma, nota ad entrambi, provenne alle spalle di Pontmercy: “Tu… tu, invece, non conosci la forza del mio attaccamento a mia figlia!”
Il vecchio Jean, rinvigorito dal desiderio di proteggere la sua diletta, aveva trovato le energie per scivolare fuori dal letto e mettersi in piedi, seppur un po’ curvo e traballante. Brandiva uno dei candelabri. Lo schiantò con inusitata ferocia sulla tempia di Marius. Questi rovinò sul pavimento, e non si alzò più. Valjean vacillò, prontamente sorretto dalla figlia piangente. La giovane lo riaccompagnò a letto. Era stanco, debilitato, ma non prossimo alla morte. La lontananza da sua figlia lo aveva stremato, depresso, prostrato; l’averla ritrovata e il poterle essere ancora d’aiuto gli aveva restituito l’afflato vitale. Sovente l’affetto dei e per i cari è una cura più efficace di qualunque ritrovato medico. Cosette lo strinse, impregnandolo di lacrime e parole. Jean, però, era concentrato sul candelabro. Il dono del vescovo Myriel, emblema della luce che guida sulla via della bontà e della rettitudine, simbolo della sua nuova vita di pentimento e propositi pii, giaceva sul pavimento, imbrattato di chiazze purpuree. Il sangue di Marius, che lui aveva versato, come in un sacrificio pagano. Il lucente immacolato argento macchiato di sangue rifletteva la sua anima. Probabilmente un essere malvagio, pur riuscendo a domare il suo vero io a lungo, all’approssimarsi della sua ora ne perde le redini.  Al sopraggiungere della sua morte, forse l’indomani, forse dieci anni più tardi, Jean sarebbe stato un miserabile, e quel che era peggio, miserabile spiritualmente. La sua anima compromessa, tuttavia, era alleggerita dal pensiero che aveva salvato almeno quella della sua Cosette.

 

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