Pinocchio
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Pinocchio aveva finalmente toccato terra asciutta, anzi sabbia asciutta. Era stremato, inzuppato d’acqua e pieno di dolori sulle spalle: Geppetto era stato davvero pesante addosso per tutta quella nuotata verso la riva; non ci pensò un attimo e lo lasciò scivolare mezzo morto per terra e, due passi più avanti, anche lui si lasciò cadere sulla sabbia in uno sbuffo bianco di granelli, dove sprofondò subito in un sonno pesantissimo. Ma povero Pinocchio: neanche mentre si dorme si possono tenere gli occhi chiusi. Quando questi gli si aprirono, infatti, quello che vide non fu affatto una distesa d’acqua marina, né, sotto di lui, un morbido e umido strato di sabbia fine e bianchissima, ma una montagna maleodorante di mille rifiuti che lo circondavano per ogni dove, così che lui, seduto nel mezzo, pareva proprio come un principino tra le profumate lenzuola bianche e vaporose del suo morbido letto.

Pinocchio non poteva credere di essere finito in una discarica, ma soprattutto non poteva immaginare di aver perso di nuovo il suo caro babbo, - o misero burattino che sono! Finiranno mai le mie disgrazie?!Babbo, dove sei?!-  gridava, e, preso dallo sconforto, cominciò a piangere rumorosamente. Scosso dai singhiozzi rimuginava sulle sue disavventure, ma ad un tratto, ridestato dalla puzza insopportabile che lo assaliva,  pensò che anche il peggiore dei criminali non avrebbe dovuto morire così indegnamente tra i rifiuti e che anche il peggiore dei  figli avrebbe dovuto sapere dove fosse suo padre e almeno salutarlo prima di scomparire. Forse se lo meritava di essere gettato tra i rifiuti per tutte le marachelle che aveva fatto, ma decise che mai avrebbe rinunciato a cercare suo padre, ovunque fosse. Si alzò tra la spazzatura fiero della propria determinazione e si guardò intorno in cerca della strada da intraprendere.
–Ehi tu, pezzo di legno!-
 -Chi è che mi chiama?-disse pinocchio intimorito, cercando la fonte di quella vocina.
– che cosa stai facendo? Cerchi la via di casa in una discarica?!-chiese sghignazzando.
-Tu piuttosto, pigro topo, sapresti indicarmi la strada per la spiaggia?-
-La spiaggia?!-
-Si, e devo arrivarci al più presto-
-Va bene, ti guiderò alla spiaggia, a patto che tu mi racconti perché mai un burattino fradicio, gettato in una discarica, sia così determinato a raggiungere la spiaggia!-
-Ti racconterò, ma avviamoci!- Inseguendo il topo, troppo veloce per le sue gambe di legno malandate, Pinocchio gli riferì sommariamente la sua storia avventurosa: del resto pareva che quel topo già conoscesse la sua vicenda, tanto che spesso lo aveva sentito fastidiosamente sorridere sotto i baffi. Fatto sta che il topino cominciò a rallentare, per la gioia di Pinocchio, ma anche a parlare e dire cose che suonavano strane e spiacevoli alle orecchie del burattino.
- Certo che il tuo babbo ha avuto un gran sfortuna a ritrovarsi un figlio come te,… non mi stupirei se fosse stato proprio lui a gettarti nella discarica e scappare via, sai quanti nuovi burattini potrebbe ricavare da altri pezzi di legno, magari anche migliori del tuo…sicuramente avrà meno pensieri per la testa ora che non ha più qualcuno da cercare per paesi e per mari…e se tuo padre non fosse pienamente convinto della tua sincerità? Non potresti cadere ancora nelle tue marachelle?-. Pinocchio non poteva credere ad una sola parola di quelle pronunciate da quello stupido topo: come avrebbe potuto suo padre abbandonarlo, e per giunta gettarlo via tra i rifiuti puzzolenti, e scappare per un’altra vita con nuovi burattini? E’ vero, aveva dato tanti dispiaceri al suo povero babbo, ma non era anche vero che per salvarlo si era gettato in mare, e poi era stato inghiottito da una balena mostruosa, e poi lo aveva caricato sulle spalle e, nuotando faticosamente, lo aveva riportato sulla terra ferma?Ed era forse colpa sua se poi, una volta sveglio, si era ritrovato in una discarica? Rispose al topo che nulla poteva convincerlo a tornare indietro e abbandonare suo padre, neanche se fosse stato proprio lui ad lasciarlo, anche se…anche se l’ultima possibilità espressa dal topo lo aveva spaventato tanto: era certo della bontà del babbo, ma che dire di lui? Ce l’avrebbe fatta ad essere per sempre un bravo figlio?. Ma fu allora che, essendosi fermati, Pinocchio si rese conto che, malgrado tanta strada percorsa, del mare non se ne sentiva neanche l’odore, e che, anzi, davanti ai suoi occhi c’era una piccola casetta di legno col tetto di paglia, dal cui comignolo veniva fuori un tenue fumo grigio. Per giunta il topo era scomparso e Pinocchio non poté far altro che introdursi nella casina, e ciò che vide una volta entrato riempì il suo piccolo cuore di una gioia immensa: Geppetto era seduto, piangente, su una poltrona accanto a un tiepido fuocherello, quando Pinocchio gli si gettò ai piedi euforico baciandolo e abbracciandolo:
- O babbo mio!-
-Pinocchio!..-
-Finalmente ti ho ritrovato, fra un po’ potrai fare di me quello che vuoi, anche gettarmi nel fuoco, o di nuovo in una discarica, ma permettimi di dirti che ti voglio troppo bene e che ti prometto solennemente che, se anche dovessi non essere un bambino perfetto, farò tutto ciò che posso per farti felice!..babbo mio!..
- Pinocchio ma cosa dici? Io, gettarti nel fuoco?..-
- Caro pinocchio..-
- Fatina!..-
-.. i miei fedeli gabbiani bianchi hanno portato qui Geppetto il giorno in cui tu lo traesti in salvo sulla spiaggia, ma prima ancora che potessi essere portato anche tu qui, degli alacri pescatori,  credendoti un inutile pezzo di legno fradicio, ti hanno gettato nella discarica,.. ma si sbagliavano sul tuo valore. Uno dei miei topolini ti ha guidato fin qui, e mi ha commossa non solo la tua determinazione, ma anche la tua provata maturità nel mettere in discussione te stesso, nel pensare al tuo futuro di figlio, e nel comprendere pienamente tutte le tue responsabilità, accettando, addirittura, la possibilità di una reazione esagerata del tuo buon padre Geppetto.
La maturità ci fa grandi, la maturità ci rende adulti.

 

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