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cultura mar partigianiMARGHERITA DI SAVOIA - Nel libro di Pati Luceri e Roberto TarantinoDeportati, Internati Militari, Partigiani e Vittime della vendetta tedesca della provincia di Barletta-Andria-Trani, sono elencati di Margherita di Savoia 91 nomi di partigiani, deportati, rifugiati politici all’estero e combattenti dispersi in mare nel naufragio del piroscafo “Oria” e nell’affondamento della corazzata “Roma” dopo l’armistizio del 1943.

I sopravvissuti, rimpatriati alla fine della guerra, potrebbero aver risieduto e lavorato a Margherita di Savoia, paese di origine, ed essere riconosciuti da qualche parente.

 

Con l’aiuto delle scarne notizie biografiche e delle rare foto contenute nelle fonti consultate dai due ricercatori (Archivi ANPI, C.L.N., Casellario Politico Centrale, Fronti Militari Clandestini, Ministero della Difesa, Marina Militare, Croce Rossa) sarebbe possibile ricostruire, dalle date di nascita, le esistenze di margheritani che hanno, in molti casi, perso la vita per combattere il nazifascismo. Si pensi, ad esempio, ai deportati morti nei campi di concentramento, come Francesco Bufo, deceduto e seppellito a Francoforte nel Cimitero militare italiano d’Onore.

 

L’intento della preziosa pubblicazione è di dare ad ognuno di loro un volto, divulgando su larga scala i loro nomi, nella speranza di arricchire con foto e notizie le burocratiche biografie rintracciate negli archivi e aggiungendo, eventualmente, altri nomi non compresi.

 

La ricerca storica e la diffusione della storia della loro vita diventano l’unico modo per poter dire grazie e rendere onore ai giovanissimi margheritani del secolo scorso che hanno combattuto per consegnarci una Italia libera e democratica.

 

Dalla lettura dei documenti a disposizione, c’è anche da rilevare che i 13 partigiani elencati fra i 91 hanno in parte militato nelle più popolari formazioni partigiane italiane come “Bandiera Rossa”, la “Banda Caruso” (il fronte clandestino di resistenza dei carabinieri) e la Divisione d’assalto “Garibaldi”, e qualcuno anche con ruoli di comando.

 

Dovrebbe avere un volto e una biografia più dettagliata il partigiano Paolo Adesso, di Tommaso e Giuseppina Di Benedetto, nato a Margherita di Savoia il 9 giugno 1914. Ha combattuto nella zona di Roma nella brigata “Bandiera Rossa” dal 9 settembre 1943 al 4 giugno 1944. Aveva il grado di Commissario e Capo zona, una qualifica equiparata al grado di Capitano. Di professione elettromeccanico, fu ricercato invano dalle SS tedesche. Comandante di squadra fu invece Antonio Di Stasio (Di Staso?), figlio di Luigi e di Pasqualina Brucoli. Nato a Margherita di Savoia il 7 ottobre 1924, diresse le operazioni della formazione partigiana “Guccioni Fiuggi” dal 1° novembre 1943 sino al 6 giugno 1944.

 

Alcuni fascicoli personali dei partigiani presentano maggiori dettagli soprattutto in merito alle operazioni belliche svolte. Nel fascicolo di Ruggero Francavilla, figlio di Francesco e di Concetta Petrucci, nato a Margherita di Savoia il 16 dicembre 1918 si legge: “Sbandato dopo l’8 settembre 1943, mentre era in servizio presso l’aereoporto militare di Osoppo in Friuli, si rifugia in un’azienda agricola di San Quirino dove lavora sino al 30 dicembre del 1943. Dopo tale data si reca in montagna sul monte Cavallo e si unisce ai partigiani del distaccamento San Quirino”. Tra i documenti allegati, trovati dagli studiosi Roberto Tarantino e Pati Luceri, c’è anche un foglio scritto a mano firmato dal partigiano Francavilla che dichiara di aver partecipato al combattimento di Roveredo in Piano e a tutte le altre battaglie che ci sono state in quella zona. Di professione meccanico, risulta in seguito essere emigrato in Francia nel 1954.

 

L’auspicio è che ognuno di questi 91 nomi perda la laconicità di un mero elenco e crei l’immagine di una vita di lavoro, di lotte, di sofferenze, di sogni e di passioni che solo una persona vissuta intensamente può comunicare ai posteri.

 

Nella foto (in basso, accanto al Tricolore): Vitantonio Sardaro, soldato di Margherita di Savoia, catturato a Rodi e deceduto nel naufragio del piroscafo “Oria”, l’11 febbraio del 1944.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via: Corriereofanto

 

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