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Patriciello

La Carovana della Legalità, promossa dalla Prefettura di Barletta-Andria-Trani, ha fatto tappa a Trinitapoli il 30 giugno scorso nella piazza dedicata con un murales ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,

al generale dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa e al giornalista Giancarlo Siani, vittime della mafia.

 

Autentico protagonista della prima parte della serata è stato padre Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano diventato negli ultimi anni uno dei volti più noti nella battaglia intrapresa contro i malavitosi della terra dei fuochi che sversano ed interrano montagne di rifiuti inquinanti, pericolosissimi per la salute. Padre Maurizio è un presidio spirituale, un sostegno morale e attivo per i suoi parrocchiani, un convinto e coraggioso sostenitore della responsabilità collettiva di tutto quanto succede nel proprio paese.

 

Efficace il suo attacco, in perfetta dizione partenopea: “Non siate Don Abbondio”, un incitamento indirizzato ai molti presenti, tra cui le autorità prefettizie, scolastiche e religiose, a non comportarsi come il prete che Alessandro Manzoni descrive codardo e senza strategie e prospettive per il futuro.

 

Invece, agli studenti che lo hanno intervistato sul palco, padre Patriciello ha fatto capire chiaramente che, nelle città che hanno avuto le stesse disavventure di Trinitapoli, la società civile si deve fermare e chiedere: Come mai è successo? Dove abbiamo sbagliato?

 

I giovani, le vere vittime di un futuro già incerto per pandemie, guerre e disastri ambientali, non hanno bisogno di maestri ma di testimoni, di persone cioè che non insegnano a parole la legalità ma la praticano quotidianamente rispettando regole, leggi e persone.

 

È seguito lo spettacolo “La storia siamo noi - A nulla serve volere se non si ha il coraggio di reagire”, scritto e diretto da Gerardo Russo, con direzione musicale di Gaetano Tasselli e coreografie di Silvia Calorio, che ha avuto degli interpreti eccezionali: gli studenti degli Istituti scolastici di Trinitapoli.

 

Ha chiuso la performance Michela Diviccaro. Nel ruolo di Felicia Impastato, la brava attrice barlettana ha recitato un testo in dialetto siciliano, che, per lo spessore del brano e per la sua magistrale interpretazione, avrebbe avuto bisogno di una scenografia adeguata e di microfoni funzionanti.

 

Le interpretazioni degli studenti, che si alternavano alle coreografie e alle esecuzioni dei capolavori musicali della Piccola Orchestra Avion Travel, di Fabrizio De Andrè, di Roberto Vecchioni, di Edoardo Bennato e di altri grandi cantautori, hanno esaltato il profilo umano e combattivo di donne come Emanuela LoiSerafina Battaglia e Rita Atria ed hanno messo in risalto il coraggio e l’impegno dei magistrati, dei militari e delle scorte assassinati da una mafia che li considerava un pericolo per la continuazione della sua attività vessatoria e delittuosa.

 

Il testo di Rita dalla Chiesa, recitato ottimamente da una studentessa, è apparso un po’ fuori posto. Rievocando una vecchia intervista televisiva del giornalista Massimo Giletti alla figlia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, le parole di Rita sono state un duro “je accuse” nei confronti di uno Stato da lei considerato “il mandante” dell’assassinio del padre.

 

La verità verrà fuori sicuramente nel corso degli anni ma in questo momento particolare i trinitapolesi hanno bisogno di messaggi che iniettano maggiore fiducia nello Stato e nelle Forze dell’Ordine e non dosi di scetticismo e disillusione.

 

I tre commissari prefettizi amministreranno per 18 mesi la città di Trinitapoli e tutti i cittadini devono collaborare e sostenerli. Nel contempo bisognerebbe chiedersi, come suggerisce padre Patriciello, se sia un errore non seguire, passo passo, le scelte amministrative e se il comportamento virtuoso di un’intera comunità sia il modo più ”geniale” per sconfiggere malandrini, piromani e ciarlatani.

 

ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)

 

 

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Via: Corriereofanto

 

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