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La quercia di via Cairoli, le palme di viale Vittorio Veneto e tutti i pini e i tigli di Trinitapoli, come in molte altre città, “hanno visto sorgere e tramontare così tanti soli, hanno visto andare e venire così tante stagioni, hanno visto svanire nel silenzio così tante generazioni, che possiamo ben chiederci cosa sarebbe per noi “la storia degli alberi”, se questi avessero la lingua per narrarcela, oppure se le nostre orecchie fossero abbastanza sensibili da comprenderla.” (Maud Van Buren)

Un libro dal titolo suggestivo, “Fatti albero”, presentato di recente nella biblioteca comunale “Mons. Vincenzo Morra”, ha scatenato nella mente di coloro che ascoltavano l’autore, il geologo Alfredo De Giovanni, e il suo intervistatore, il professor Emanuele Giachetta, una caterva di riflessioni simili a quanto scritto da Maud Van Buren e tante domande sul fatto che gli esseri viventi chiamati alberi interagiscono con gli umani, perché non si comunica soltanto attraverso le parole ma, ad esempio, anche attraverso gli odori, i profumi, che per gli alberi hanno lo scopo di attirare insetti ed uccelli o di allontanare animali e parassiti indesiderabili.

 

Le discussioni del “dopo-presentazione” hanno risvegliato in ognuno dei presenti meno giovani i ricordi “dell’albero che fu”, il maestoso eucalipto che troneggiava a ridosso della biblioteca, e la storia emblematica della grande quercia di via Marconi.

 

Il grande eucalipto fa parte della memoria collettiva di chi è vissuto prima del 2013, l’anno del suo abbattimento dovuto al disseccamento dei tessuti corticali di crescita. La piazzetta perse non solo l’albero ma anche il nome, perché in seguito è stata intestata allo scultore Antonio Di Pillo. Tantissimi cittadini di ogni età si sono seduti d’estate all’ombra della sua grande chioma, si sono dissetati alla vicina fontanella “delle monache”, si sono innamorati, hanno fotografato per anni i loro momenti di relax.

 

La quercia di via Marconi è uno dei monumenti arborei di Trinitapoli, una vera e propria oasi di frescura per chi arriva d’estate tutto sudato dalla stazione ferroviaria. Era stata piantata (forse negli anni ’20-’30 del secolo scorso) dal farmacista Urbano, il vecchio proprietario del terreno tra viale Libertà e via Marconi e sistemata nell’angolo del suo grande giardino recintato. Venduto al comune, per un quinquennio questo spazio verde della città fu occupato dalla scuola di Avviamento Professionale diretta dal preside Felice D’Introno, agronomo e ambientalista ante litteram, per far svolgere le esercitazioni pratiche di agronomia. Negli anni ’60 la quercia incominciò a seccarsi e a perdere rami. Ne fu deciso l’abbattimento per motivi di sicurezza. Il preside si rifiutò categoricamente di tagliarla e si assunse la responsabilità di salvarla con delle iniezioni di un composto da lui studiato. Dopo un anno di cure assidue, di incitazioni affettuose a resistere, finalmente un giorno di primavera si vide un’intera classe di studenti, oggi ottantenni, circondare l’albero cantando e urlando: Rimani con noi per sempre! L’albero era guarito e cresce ancora rigoglioso all’angolo del giardino, poi diventato pubblico.

 

Il pino di Barletta che ha ispirato il libro del geologo, musicista e scrittore Alfredo De Giovanni non ha avuto la stessa fortuna della quercia di Trinitapoli, ma la sua storia è riuscita a toccare il cuore di chi ha letto “Fatti albero” e ad accendere i riflettori su questi “ombrelli” della natura pronti a riparare chiunque dal sole di luglio, dall’acqua di novembre e dalla malinconia.

 

ANTONIETTA D’INTRONO (Foto: Giuseppe Beltotto)

 

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