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Mario Di Bitonto 1

Siede sempre lì, dietro il computer, all’entrata della storica stamperia Centonze, ora conosciuta come Tipografia Del Negro.

 

Mario Di Bitonto è ormai un punto di riferimento per chiunque abbia bisogno di stampare un invito, un manifesto, una brochure, un giornale o un libro, a Trinitapoli e dintorni. Lo conosco da quando era studente, negli anni ’90, presso l’allora Istituto Tecnico Commerciale “I. Silone” di San Ferdinando di Puglia, dove ho insegnato per più di 10 anni. Padre contadino e madre casalinga, ha preso sempre sul serio studio e lavoro ed ha cominciato ad andare in tipografia già da ragazzino, attratto dai caratteri tipografici e dal “profumo” dell’inchiostro e della carta.

 

Abituata a vederlo sempre intento a fare lastre, ad impaginare testi, ad arrotolare manifesti e a rispondere al telefono, spesso mi sono chiesta se ci sia stato mai nella sua vita un periodo in cui il gioco fosse stato il centro dei suoi interessi. Ha fugato ogni dubbio rispondendo alla mia prima domanda.

 

Cosa ricordi di più della tua infanzia?

 

«La mia infanzia è stata molto felice. Mi ritrovavo con gli amici alla Parrocchia “Cristo Lavoratore” dove giocavamo a calcio, al gioco dei tappi, alla cavallina, a toccaferro, a “ruba bandiera”, ai quattro cantoni e ad altri giochi di quegli anni che oggi sono stati sostituiti dalla tecnologia. I ragazzi di oggi non sanno quello che si perdono. Passavamo molto tempo tutti insieme, divertendoci anche fino a tardi, finché le nostre mamme venivano lì a chiamarci per tornare a casa. Ricordo con affetto quei tempi, nonostante l’ombra della tristezza per la scomparsa dei miei nonni materni. Con loro condividevo momenti preziosi e adoravo immergermi nelle loro storie».

 

So che eri eccellente in matematica e che i tuoi insegnanti immaginavano per te una carriera come contabile in un’azienda o impiegato bancario. Che cosa ti ha portato a scegliere la professione di tipografo?

 

«Ho amato questo lavoro sin da subito. Già dalla scuola media ho iniziato a frequentare la tipografia e volevo rubare i trucchi del mestiere a chi già ci lavorava. Tra il reparto stampa e quello della pre-stampa ho scelto il secondo ed ho avuto ottimi maestri, uno su tutti un grafico barlettano che mi ha insegnato tutto.

 

Ho imparato molto anche dai clienti storici della tipografia. “Nella vita c’è sempre da imparare”, dicono gli anziani. Non ho fatto la scuola da grafico, sono stato un autodidatta. Adesso leggo molte riviste e mi informo anche sui social per tenermi al passo con i tempi e conoscere nuove tecniche.

 

Non era nei miei programmi lavorare in una tipografia, ma dalla prima volta che vi ho messo piede mi è subito piaciuta l’idea di potermi dedicare alla stampa. All’inizio l’apporto del computer era molto limitato: si lavorava con i caratteri tipografici, di piombo e di legno, con i cliché, dove la composizione avveniva lettera per lettera, racchiusi in un telaio, prima di inserire lo stesso in macchina e procedere con la bozza e successivamente con la stampa».

 

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A contatto con tanta gente, il tuo lavoro ti consente di conoscere vezzi, manie e rituali di clienti che utilizzano la tipografia per le loro attività, per iniziative culturali, politiche, sociali, per pubblicazioni. C’è qualcuno che ti ha particolarmente impegnato, ma anche divertito, durante l’impaginazione di un giornale, di un manifesto o di un libro?

 

«I clienti sono diversi l’uno dall’altro e con il passare del tempo ho imparato a gestirli in base alle loro esigenze. I lavori che più mi divertono, ma nello stesso tempo mi portano via più tempo, sono quelli dell’editoria, dove bisogna impaginare i testi e le foto, quindi: libri, riviste, giornali.

 

Stampiamo e pubblichiamo lavori per ogni tipo di iniziativa e per ogni genere di pubblico. Tra i più storici, due periodici: “Il Peperoncino Rosso” e “Il Lauretano”. Ho impaginato molti libri di autori locali e molti periodici ancora oggi esistenti, altri che non ci sono più e altri diventati on-line.

 

Senza fare alcun nome, mi diverte molto lavorare accanto ad un noto “contastorie” di Trinitapoli, un signore amabilissimo con il quale le prime volte ho avuto molte discussioni che con il tempo sono diventate un ricordo. Quando impagino i suoi libri, vuole rimanere vicino a me e mi racconta in anteprima le storie che deve pubblicare. Tra una risata e l’altra, il libro, nella prima bozza, è sempre pieno di errori. Poi diventiamo seri, o come dice lui “semiseri”, e viene corretto tutto. Alla seconda bozza perfetta segue il suo classico OK: “Si proceda alla stampa. Fè subt!”».

 

Quando non è in tipografia, Mario Di Bitonto di cosa si occupa, in particolare?

 

«Fuori dalla tipografia mi piace trascorrere molto tempo con la famiglia, con la mia compagna, ma anche con gli amici. Dal 2017 sono entrato a far parte dell’Associazione “Trinitapoli in Festa” e in tre anni, prima dell’interruzione causata dal Covid e delle successive complicazioni comunali, abbiamo allestito vari eventi per bambini ed adulti. Tra questi: il Carnevale in piazza, lo Street Food, il Presepe vivente, i Mercatini di Natale, il Mercatino a km. zero, solo per citarne alcuni.

 

Dopo tante ore di preparativi, consumate al termine delle nostre rispettive giornate di lavoro, anche fino a tarda notte, la nostra più grande soddisfazione era vedere felice la gente alla quale eravamo riusciti a strappare un sorriso in questa vita piena di difficoltà. Tutto questo non aveva prezzo e ci ripagava di ogni fatica».

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via: Corriereofanto

 

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