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festival legalita

Peppino Impastato, un martire della mafia, ebbe a dire una volta: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma per combattere l’omertà, la paura e la rassegnazione”.

 

La marea di persone che hanno affollato l’Auditorium dell’Assunta e le strade durante i tre giorni del Festival della Legalità a Trinitapoli ha percepito che l’illegalità può essere combattuta utilizzando le note musicali dei concertisti in erba dell’Istituto Comprensivo “Garibaldi-Leone”, i cartelloni dipinti dai giovani artisti dell’Istituto Superiore “Dell’Aquila-Staffa”, le parole autorevoli e rassicuranti degli esponenti delle forze dell’ordine e delle istituzioni, sostenuti dalla forte volontà dei cittadini di camminare insieme illuminando ogni vicolo buio del paese.

 

Il buon popolo di Trinitapoli”, come è scritto nei documenti storici del secolo scorso, si è commosso ed emozionato di fronte a questa bella testimonianza collettiva di grande partecipazione proposta con l’obiettivo di liberare la città da infiltrazioni malavitose nel governo della cosa pubblica. I più anziani sanno che la cultura dell’odio e l’aggregazione settaria di una comunità, chiusa verso chi non è del gruppo di riferimento, sono la base sociologica di tutte le aggregazioni mafiose.

 

Pertanto, la lotta alla mafia è un lavoro che si deve fare ogni giorno nelle scuole, nelle associazioni e nelle istituzioni laiche e religiose insegnando la bellezza, insegnando che anche la piccola illegalità del “favore” ad personam rende brutta la città, e se la città è brutta lo sono anche i cittadini perché con l’illegalità si abbrutiscono tutti. Questa è la più grande rivoluzione culturale che potrebbe restituire dignità al concetto di “bene pubblico”.

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Il lungo corteo del 19 marzo scorso, aperto dalla prefetta di Barletta-Andria-Trani, Dott.ssa Rossana Riflesso, assieme ai comandanti provinciali della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri, al questore e a don Aniello Manganiello, ha percorso le strade del centro per terminare nella piazza della Legalità vicina al Comune. Sulle spalle degli studenti in marcia, le foto di chi ha sacrificato la vita per lottare contro la mafia, come: Giovanni FalconePaolo Borsellinodon Pino Puglisi e Boris Giuliano. Tra le mani, manifesti con messaggi come “La mafia ha più paura della scuola che della giustizia”, ed anche “Vedo, sento, parlo: no alla mafia”.

 

Il sacerdote don Aniello Manganiello, noto per le sue coraggiose battaglie contro la camorra, ha concluso la marcia con il seguente appello ai partecipanti, urlato nel megafono: “Tra poco andrete alle elezioni comunali. Mi raccomando di scegliere gente onesta, ripeto ONESTA. Non andate dietro ai chiacchieroni e a quelli che non amano la loro comunità ma solo i loro interessi. Ricordate, la legalità conviene, ci rende migliori, costruisce legami solidi, equilibrati, belli”.

 

I tre giorni dedicati alla legalità hanno dato ai cittadini l’opportunità di riflettere su quanto accaduto a Trinitapoli e di rendersi conto anche dell’abuso di alcuni slogan che vengono messi in circolazione con estrema superficialità.

 

La presenza massiccia al festival, in un paese di circa 14 mila abitanti, dei massimi vertici delle Forze dell’ordine, della Prefettura e del Comune, è la dimostrazione che “LO STATO C’È”. Coloro che sostengono il contrario devono farsene una ragione.

 

Così come si deve smettere di versare lacrime teatrali sul dolore che procura la visione di una “città abbandonata”, proprio in un momento in cui, come ha relazionato all’Auditorium la commissaria Dott.ssa Giuseppina Ferri, molte opere pubbliche, queste sì “abbandonate” da un decennio all’incuria amministrativa, stanno finalmente vedendo la luce.

 

In attesa di avere maggiori dettagli sull’opera di “bonifica” attuata dalla Commissione straordinaria in scarsi due anni, si cita soltanto come esempio la struttura “Dopo di noi”, presso l’ex macello comunale, un progetto finanziato a dicembre del 2010, completato nel 2015, vandalizzato e abbandonato per anni, inaugurato a febbraio 2024 (leggindr).

 

Stendiamo, poi, un velo pietoso sugli impianti sportivi che solo di recente sono stati riaperti al pubblico.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

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