Blog

fontane senza acquaIn un mattino della torrida estate del 2022 ho fermato di colpo la mia auto nei pressi della fontana pubblica delle monache, in via Marconi, felice di poter bere e rinfrescare viso e braccia con l’acqua ritenuta da sempre la più fresca del paese.

Mentre armeggiavo con il rubinetto, nel tentativo di far sgorgare le “chiare, fresche e dolci acque”, un passante mi ha urlato in dialetto casalino “signò, lass perd, l’onn achiòus! So tutt achiòus!” (signora, lasci perdere, l’hanno chiusa. Sono tutte chiuse). Abituata a verificare la veridicità di qualsiasi notizia, ho fatto il giro di tutte le fontanelle di Trinitapoli ed ho constatato che il cittadino aveva ragione: erano tutte chiuse, tranne quella in fondo a corso Trinità dove riuscì, dopo aver pigiato con forza, a far scorrere un rigagnolo di acqua.

 

A questa chiusura inspiegabile non è seguita alcuna comunicazione ufficiale sulla motivazione e sui tempi di ripristino di un servizio che è doveroso offrire in un paese che i turisti incominciano a visitare sempre più numerosi.

 

Le fontane pubbliche sono il simbolo di una città accogliente che non rifiuta un bicchiere di acqua fresca ai viandanti accaldati ed ai poveri assetati.

 

Siamo ripiombati all’epoca della “sitibonda Puglia”, così come Matteo Renato Imbriani descriveva la regione per sollecitare la creazione del grandioso acquedotto pugliese.

 

Per la prima volta i casalini sono stati costretti, per difendersi dal solleone, a dissetarsi alle fontanelle dei paesi vicini. Nel contempo, certamente per caso, si stanno moltiplicando in paese piccoli monolocali dove distributori automatici offrono a pagamento bibite e acqua minerale in bottigliette di plastica che poi ritroviamo disseminate sulle panchine e sui prati dei giardini pubblici.

 

I trinitapolesi sono cresciuti con le immagini e i racconti dei nonni che andavano a riempire i secchi alla fontana, un sicuro e piacevole luogo di incontro di fidanzatini, di donne e di anziani che chiacchieravano e si scambiavano le ultime notizie del paese. Una icona è diventato l’acquaiolo Turidd, il barbone più amato e rispettato del “Casale”, che per pochi centesimi o in cambio di prodotti alimentari, portava la provvista dell’acqua agli anziani e alle giovani mamme in gravidanza negli anni in cui nella maggioranza delle case non c’era ancora l’acqua corrente.

 

Tra l’altro, non dovremmo dimenticare che le fontane pubbliche, segno di cortesia e accoglienza per chi visita la nostra città, sono anche l’unica risorsa idrica per gli italiani e gli stranieri che sono costretti ancora a vivere in immobili senza servizi igienici e acqua corrente.

 

I circa sei milioni di poveri assoluti, secondo l’ISTAT, di cui si occupa la Caritas nel suo rapporto 2022, intitolato “L’anello debole”, non sono persone che vivono tutte lontanissime dai nostri paesi. Il 54,5% dell’utenza della Caritas manifesta molti ambiti di vulnerabilità tra cui anche seri problemi abitativi. Basterebbe farsi un giro nelle campagne circostanti per avere un’idea di dove molti immigrati vivono.

 

L’acqua pubblica non risolverà sicuramente i problemi della povertà ma sarà almeno la goccia solidale che potrebbe attutire i disagi igienici dei più sfortunati.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via: Corriereofanto

 email2png