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Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, gli italiani pensavano che avrebbero visto scomparire la parola “guerra” dal vocabolario dei governi europei. La televisione ha continuato a mostrare per anni città a brandelli, visi insanguinati e cadaveri abbandonati per strada ma l’impressione dei telespettatori era che si trattasse di film drammatici girati in terre lontanissime dai nostri tranquilli rifugi familiari.

Il conflitto russo-ucraino e quello israelo-palestinese hanno invece evidenziato che le guerre interessano quasi 60 aree del mondo e che questi scenari di distruzione sono anche a qualche migliaio di chilometri dalle nostre comode case.

 

Le guerre sono ormai un’emergenza nel pianeta che va combattuta investendo nella prevenzione dei conflitti, nella tolleranza religiosa e politica, nello sradicamento delle condizioni di povertà e di degrado economico e culturale che ne sono spesso la causa, nel ruolo delle istituzioni internazionali come le Nazioni Unite. Invece di proseguire sulla strada della guerra e del riarmo, bisognerebbe affrontare le sfide reali di un’umanità sofferente e di un pianeta sempre più vicino al collasso. La crescita della spesa per armamenti è la condizione per nuove guerre e conflitti ed è frutto degli interessi del business dei produttori di armi e della logica di potenza di molti paesi, che con le armi impongono logiche di dominio e di perseguimento dei propri interessi nazionali. Non possiamo più permetterlo. L’unica strada da percorrere è quella della pace, della cooperazione internazionale e quella del disarmo e della riduzione delle spese militari.

 

L’Italia è il paese che sta guadagnando di più dalle guerre in corso. Ha aumentato più di ogni altro paese le esportazioni di armi: l’86% tra il 2019 e il 2023. L’Italia è diventata, così, il sesto paese esportatore mondiale dopo Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Germania. I suoi clienti principali sono Qatar, Egitto e Kuwait. I dati sono riportati nell’ultimo report pubblicato in questi giorni dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un gruppo di scienziati svedesi amanti della pace che tengono sotto controllo le fibrillazioni della terra e quelle prodotte dal commercio delle armi.

 

È da registrare, in controtendenza all’indifferenza nei confronti di guerre, differenze religiose, sociali, culturali e di genere, la conferenza interreligiosa tenutasi il 4 marzo u.s. a Barletta, al Cinema Opera, dove i rappresentanti delle diverse comunità evangeliche, valdesi, cattoliche, ebraiche, ortodosse e islamiche della città hanno dialogato tra loro e con le tante persone presenti, offrendo il proprio punto di vista sui temi nevralgici del contrasto alla povertà e alla violenza, del superamento delle differenze tra i generi e di tutte le difficoltà che affliggono le fasce più deboli ed emarginate della comunità. L’avvocato Cosimo Matteucci, esponente dell’Ambulatorio Popolare di Barletta, ha sottolineato l’importanza di stabilire rapporti frequenti tra tutte le confessioni religiose e di lanciare un messaggio di pace universale in un periodo storico come quello attuale. Ha concluso l’incontro invitando tutti al flash mob per la pace che la Rete delle Associazioni sta organizzando per il prossimo 23 marzo, a Barletta alle ore 18:30, in piazza Caduti in Guerra, con la simulazione della morte di persone a causa di un bombardamento aereo.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via:Corriereofanto

 

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