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giornata donna24

I tanti 8 marzo della mia vita mi hanno consentito di fare ogni anno il bilancio dei traguardi che le donne raggiungono, giorno dopo giorno, a prezzo di umiliazioni, offese, fatica, studio, lacrime, cortei, mostre, volantinaggi, assemblee e pubblicazioni.

Le ragazze oggi ignorano che negli anni ’60 le loro mamme non potevano diventare magistrate e poliziotte e che, ancor prima, le loro nonne e bisnonne non avevano accesso ai livelli più alti di docenza e di istruzione e che sino al 1946 non potevano votare.

 

In politica, poi, le poche coraggiose che decidevano di lottare per le pari opportunità erano additate come “fruscule” (libertine) e scriteriate. Uno dei commenti più diffusi, in piazza a Trinitapoli, quando le donne si impegnavano nelle campagne elettorali, era “Mnè, vè cucèine” (ragazza, vai a cucinare!) e “statt cit” (stai zitta) qualora osassero organizzare riunioni di quartiere. A San Ferdinando di Puglia, dove insegnavo negli anni ’80, i miei colleghi coetanei ricorderanno il famoso divieto (ricevuto l’8 marzo dal preside della scuola media) di utilizzare l’aula magna della scuola per svolgere una assemblea studentesca sulla “Giornata internazionale della donna”, considerata con disprezzo una manifestazione comunista.

 

Negli anni ’90, poi, il Ministero della Pubblica Istruzione cominciò ad inviare circolari dove era, più o meno, scritto di “commemorare le operaie americane che, nel 1911, morirono a New York nell’incendio di una fabbrica di camicie”. Si raccontava che la tragedia americana avesse ispirato la data dell’8 marzo. La parola commemorazione attutì, così, lo “scandalo” di lottare per l’autodeterminazione e la parità dei diritti.

 

Grazie a quelle nonne e bisnonne (alcune nella foto del 1986, ndr) oggi abbiamo l’agenda piena di inviti ad incontri e a spettacoli organizzati da associazioni, comuni e istituti scolastici su aspetti diversi delle battaglie degli ultimi anni contro le ancora drammatiche conseguenze del patriarcato e contro la disoccupazione che penalizza soprattutto le donne.

 

Quest’anno l’orientamento del Centro di Lettura Globeglotter è di non limitare la riflessione sull’argomento “solo” alle iniziative di marzo ma di estendere per tutto l’anno quella che è, senza ombra di dubbio, una battaglia quotidiana contro una cultura maschilista che tarda ancora a morire.

 

Sta, ad esempio, circolando sui social della associazione trinitapolese la proposta di leggere una serie di libri che saranno poi oggetto di discussione, al termine della lettura, in un incontro pubblico. Il primo romanzo suggerito è “La portalettere” di Francesca Giannone (vincitrice del premio Bancarella), la storia di una donna che viene catapultata negli anni ’30 dal nord nel Salento, in un mondo nuovo, da subito ostile, in cui la libertà femminile è limitata e, insieme ad essa, lo è anche la considerazione che il popolo ha della donna.

 

Alla lettura deve associarsi anche la scrittura, perché la parola scritta aumenta il grado di consapevolezza dei propri diritti.     

 

“Questa è la mia lettera al mondo che non ha mai scritto a me”, scriveva la poetessa Emily Dickinson nella sua casa di Amherst (Massachusetts), dove rimase chiusa tutta la vita. Un taccuino e una penna, più che un telefonino e un computer, possono diventare degli strumenti salvavita. Scrivere serve a tenere la barra dritta per non far deviare la barca nel mare in tempesta. Ma scrivere che cosa? Ad esempio un diario, oppure le lettere che non si è mai avuto il tempo e il coraggio di inviare al figlio, al marito, all’amico, al mondo.

 

Dietro gli scatti di violenza e i muri di silenzio, che spesso si ergono in casa, ci sono sogni inespressi, delusioni, rancori, desideri che aspettano di venire alla luce.

 

Immaginate questa scena: suona al mattino la sveglia, aprite gli occhi e trovate accanto, sul comodino, la risposta ad una vostra lettera.

 

È il regalo più struggente che ognuno possa sognare di ricevere nella sua vita. Ed è anche il tentativo di abbattere il muro del silenzio e di trasformare le parole nei balsami contro il dolore dell’esistenza e delle oppressioni di genere.

 

ANTONIETTA D’INTRONO

 

Via:Corriereofanto

 

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