Comunicazione

Maria DenticoIo mi vesto: apro il mio armadio - Io mi svesto: il mio  abito di dentro

Spesso la verità si nasconde sotto le cose piccole e apparentemente stupide e banali. La verità si traveste! Nasce da questa premessa l’attenzione all’abbigliamento che è la forma del nostro contenuto. Se voglio agire sul contenuto, posso agire partendo dalla forma? Che senso ha, quando ci svegliamo al mattino, scegliere un vestito o l’altro? Siamo creature mitopoietiche, creiamo simboli e diamo a noi stessi comunicazione simbolica.

Che altro può dirci il nostro armadio se lo apriamo? Si può recuperare storia e memoria attraverso gli abiti del passato o che ci piacciono di più, o che non indosseremmo mai, o che abbiamo odiato perché altri ce li hanno imposti. Potremmo forse dare via qualcosa che non ci piace. Siamo persone meno serie se parliamo di abiti e quindi di leggerezza? Un vestito può descriverci meglio di come noi stessi faremmo? Infine è vero che qualcuno si veste per come si sente giudicato? O per quello che vorrebbe dire al mondo di essere? Il vestito può essere strumento di terapia e di auto medicazione? L’abbigliamento è strumento di cura psicologica e addirittura può diventare un oggetto transizionale per capovolgere la situazione in cui siamo.

 

Il laboratorio ha lo scopo di innestare sperimentalmente il nostro codice con quello degli altri per creare una mediazione tra come gli altri ci vogliono e come vogliamo essere noi. Il capo d’abbigliamento può servire per definire un rito, e anche compiere una leggerezza può diventare un passaggio di cui io colgo il significato e la sua visibilità.

Il vestito può infine definire il ruolo? Posso entrare ed uscire da un  ruolo senza per questo divenire falso? L’abito può costituire anche un camuffamento: questo può spaventarci o è la risposta a un bisogno? Percepirci come un’opera d’arte,  dove la grazia si esprime e l’ordine prende  energia per restituirla al mondo e dove la libertà si attinge, diventando  garanzia di noi stessi.  Guardandoci così, riusciamo a sentirci come cliente finale di un’opera d’arte. L’abbigliamento ha relazioni con il nostro corpo che è, nello stesso tempo totalmente “noi stessi” e d è anche un  oggetto che possiamo osservare, valutare, sul quale possiamo in qualche modo agire. Esso può diventare ad un tratto nemico-traditore quando la sua immagine reale si misura con quella che ci piacerebbe mostrare al mondo. Tra l’io-come sono- e l’ideale dell’io-come dovrei essere- sia per la lunga battaglia per avvicinare le prestazioni alle aspettative.

 

Biografia

Ho sessanta anni e sono nata e vissuta sempre a Bari. Mi sposo nel 1974 dopo aver conseguito la Laurea in Materie Letterarie a Bari. Conseguo rapidamente anche tre maternità e nel giro di quattro anni prolifici faccio incetta di abilitazioni per  varie classi di insegnamento. Le mie preferenze andranno alla Letteratura, alla Storia, alla Filosofia, alla Pedagogia e alla Psicologia, insegnando per l’intero circondario di Bari sino a concludere la carriera scolastica nel capoluogo. Tra le mie esperienze professionali mi cimento anche nella conduzione dei gruppi e di laboratori di approfondimento inerenti le materie di insegnamento, concentrando l’attenzione soprattutto sulle tematiche del cambiamento, della differenza di genere, dell’affettività e sessualità e del superamento di ogni forma di disagio. Per questo mi attrezzo con numerosi corsi in Arteterapia, conseguo diplomi di perfezionamento e attualmente sono al III anno di un corso per counsellor.

 email2png