I Miserabili
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La colorita conversazione avvenuta in quel famoso giugno 1833 tra Thénardier e Mario rischiarò in quest'ultimo due verità fino ad allora celate: Valjean non era affatto un lestofante bensì colui che gli aveva generosamente ridato la vita. Thénardier, dal canto suo, si dimostrò una iena. La sua reputazione tramutò agli occhi del giovane in un batter d'occhio. Si, se sino ad allora Mario lo impersonò come unico salvatore del padre, da quel momento divenne per lui l'unica minaccia all'armonia familiare. Mario, pertanto, accolse la nuova rivelazione e la trasformò in un obiettivo: dimostrare la sua gratitudine nei confronti di Valjean, il suo nuovo eroe! Per farlo dovette prima sbarazzarsi del nemico.

"Va via Thénardier! Esci subito da questa casa! Derubare il prossimo è un'ingiustizia ma defraudare un vero uomo della sua dignità è un infamia!" "È vero, sono un infame - disse Thénardier - ma sono anche un padre di famiglia. Duecento franchi e non mi rivedrete più". Questa fu la proposta di Thénardier ma fu pronta e concisa la risposta di Mario: "Non sei meritevole né di denaro né di galateo". Thénardier, palesando un ghigno sorridente, disse: "E sia! Me ne andrò, ma si ricordi...non si può nascondere agli occhi del mondo un assassino in eterno!" Con quella astuta minaccia si voltò per raggiungere l'ingresso e andar via. Assassino. Quella parola continuò a rimbombare nella mente candida di Mario. Ormai il suo cuore aveva rinnovato ai suoi occhi la persona di Valjean. Non si può lavare un cuore e ribattezzarlo con una sudicia veste peccaminosa. No, non si può! L'elaborazione di questo pensiero nella mente di Mario terminò ben presto. Passò all'azione. Con un sol passo si avvicinò alla mobilia e trasse subito da un cassetto la rivoltella donata da Javert tempo addietro. La preda Thénardier era voltata; Mario, il predatore, fu deciso e fermo nel suo intento: uccidere Thénardier e ripristinare l'onore del suo nuovo eroe. Gli attimi sono fuggenti per chi ha sete di vendetta ma sono un'eternità per chi ha speranza di salvezza.

 

Valjean fu accolto da alcuni minuti nel palazzo. La gran voglia di rivedere Cosetta prima di morire rinnovò in lui le forze fisiche e lo fece fuoriuscire dalla sua tana domiciliare. Attendendo nell'ingresso principale dell'appartamento, udì involontariamente e nell'anonimato il dialogo tra Mario e Thénardier. Il sesto senso rimpiazzò la sua assenza. Decise di intervenire ma suo malgrado il colpo di pistola segnò la sua repentina entrata in scena. Non sapremo mai cosa spinse realmente Valjean a far quel gesto; fatto sta che interponendosi materialmente tra i due, accolse il micidiale proiettile nel proprio petto. La descrizione di una tragedia passa per le vie sottili del dettaglio. La pallottola bruciante trafisse quel povero petto gettando improvvisamente flutti di sangue nero. L'intero corpo di Valjean cadde precipitosamente come un masso in fondo ad un lago. Gli occhi si chiusero per un istante; il respiro divenne tremante. Stava morendo un angelo. Valjean definitivamente a terra fece scappar via l'attonita preda ma raggelò il predatore. Mario, in preda a profonda disperazione, accorse precipitosamente su di esso. Mario e Valjean ormai erano un tutt'uno; il sangue del primo divenne il sangue dell'altro. Le lacrime del giovane coprirono quelle mancanti del vecchio. Si, quest'ultimo, seppur morente, rimase impassibile: la rassegnazione ebbe subito la meglio. "Perdonami, padre mio, perdonami...Io non sapevo...Perché lo hai fatto? Dio mio, perdonami!" Furono le concitate parole di Mario. Ad esse seguirono quelle dettate dalla fioca voce di Valjean: "Non essere in pena per me figliuolo. Uccidendo me hai salvato Thénardier e salvando lui hai salvato te stesso. Qualcosa ti accadrà ma ascoltami bene, ora dovrai..." Interrompendo gli spasmi vocali del vecchio, Cosetta entrò in stanza allertata dal tuono. La tragedia fece un errore: non ebbe riguardo di lei; non ebbe riguardo di una figlia. Impietrita dinnanzi ai due, si arrese con le spalle alla parete. Inizialmente, non credette a ciò che le fu dinnanzi. Cominciò a tremare ed impallidire. Non voleva vedere eppure osservava. Mario, vedendola, lasciò Valjean e accorse ad abbracciarla quasi interponendosi tra il moribondo e gli occhi della sua amata. Ora erano loro due un unico corpo. Le lacrime dell'uno si mischiarono con quelle dell'altra. Il silenzio ebbe il sopravvento su quei momenti ma durò poco perché Valjean, fondendo unitamente il dolore della ferita mortale con il coraggio delle parole, si rivolse alla coppia e disse: "Siate felici figliuoli miei e non siate crudeli con la vita. Imparate ad amarvi e a perdonare. Il valore di una vita risiede nella profonda convinzione di esser amati e compresi..." Avrebbe voluto senz'altro elargire ulteriori consigli ed esortazioni ma queste furono le ultime parole dettate dal cuore morente di Valjean. Mentre la canna della rivoltella riversata sul pavimento emanava ancora fumo, Valjean esalò il suo ultimo silenzioso respiro.

Dieci anni passarono da quell'angosciante episodio. Mario fu perdonato da Valjean in punto di morte e, pertanto, dalla giustizia divina; ma non da quella umana. Sarebbe inutile descrivere come essa agì. Soffermiamoci solo sull'esito funesto: trascorse circa dieci anni in carcere. Furono anni atroci, ingiusti e spietati. Solo le ultime parole di Valjean e il pensiero rivolto costantemente alla sua amata Cosetta resero meno amara la punizione. Inoltre, un'amnistia la rese meno gravosa del previsto e dopo solo dieci anni lasciò libero un giovane cuore afflitto ma pieno di speranza. Terminarono i lunghi dieci anni.

Vediamo ora Mario lentamente raggiungere la propria casa e l'amata Cosetta. Il suo cuore ora è solo colmo di amore e scevro anche della più piccola traccia di odio o rancore. Mario ha finalmente perdonato i suoi persecutori; tra i quali anche sé stesso. La reclusione ha trasformato il ragazzo in uomo.

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