Il Gattopardo

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L'ultimo baluardo del Gattopardo stava per essere abbattuto e Concetta, la mattina del quattordici maggio 1910, accolse con sollievo la visita del Cardinale di Palermo e dei due prelati che lo accompagnavano. La presenza dei tre "Uomini di Chiesa" in casa Salina significava solo una cosa: sospendere i riti religiosi all'interno della cappella di famiglia.

 

    Il Principe di Salina, nel corso degli anni, era riuscito a stipare un gran numero di reliquie di indubbia provenienza e autenticità allo scopo di accrescere la sua rispettabilità tra l'aristocrazia siciliana da un lato e di mantenere saldi i rapporti con la Chiesa, annidatasi tra i resti delle antiche civiltà scomparse, dall'altro.

    Subito dopo la calorosa accoglienza della padrona di casa, i prelati iniziarono a ispezionare l'intero reliquiario capovolgendo ampolle di sangue rappreso, soppesando con indicibile ribrezzo e titubanza falangi, cartilagini, rotule, tibie, mandibole. Più che una chiesetta sembrava un ossario. Mentre i due pii esperti rovistavano tra stipetti e cassettiere, il Cardinale entrò nella cappella, la attraversò in lungo e in largo con circospezione e, con passo certo e felino, concluse il suo giro di perlustrazione andando a fermarsi davanti al quadro posto sull'altare. "Sa dirmi da dove proviene questo quadro?" chiese con tono inquisitorio intriso di sospetto. "Mi dispiace Sua Eccellenza ma non sono in grado di rispondere alla sua domanda. Di certo posso dirle che la tela raffigura la Madonna della Missiva" rispose con tono pacato e ossequioso. Ma la sua risposta custodiva invece un grande segreto.

    Concetta era nata da una relazione extraconiugale del Principe proprio durante i primi mesi di matrimonio con Maria Stella. Tra un "Gesummaria" un "Misericordia", la Principessa perdonò il marito fedifrago grazie all'intervento provvidenziale di don Pirrone, abile nel ricucire i rapporti matrimoniali ricorrendo alla benedizione di Dio misericordioso.

    Don Fabrizio però non riuscì mai a dimenticare Rosalia Calogero, donna di straordinaria bellezza: pelle bruna e capelli neri, occhi verde smeraldo, forza fisica pari ad un giovane uomo. Non poteva neanche dimenticare che quella piccola donna, figlia di Carmelo, il commerciante di grano e sementi, lo aveva reso padre per la prima e unica volta nella sua vita. Quando Rosalia morì mettendo alla luce la loro figlia, reclamò la sua paternità e riuscì a portare a casa la neonata. Dopo qualche settimana la bambina fu portata in chiesa per il battesimo e fu don Pirrone in persona a deciderne il nome. Per tutti quella bambina continuò ad essere la "borghese" e non la "principessa". Sebbene fosse il frutto indigesto di un uomo smarritosi dietro le sottane di case altrui, Maria Stella accettò la bambina come se fosse sua figlia, la loro figlia mai nata, a patto che si mantenesse il massimo riserbo sulle di lei origini, pagando con denaro il silenzio delle lingue più lunghe vicine alla famiglia Salina.

    Con lo sbarco dei Mille, Don Fabrizio capì che presto l'aristocrazia dell'isola avrebbe ceduto il posto alla borghesia e per questo stesso motivo acconsentì al matrimonio tra Concetta e Tancredi, suo nipote. Quella sua lungimiranza, paragonabile al fiuto infallibile che solo i segugi possiedono, avrebbe difatti garantito un roseo futuro a tutta la sua discendenza impedendo a chicchessia di dilapidare tutta la sostanza e di evitare lo sciupio inutile del denaro. In tal modo tutti i beni accumulati con diligenza e oculatezza sarebbero rimasti nelle mani e nella disponibilità del casato, al sicuro da qualsiasi forma di arrivismo borghese.

    In occasione della sua prima visita a casa dei novelli sposi, commissionò un quadro da donare a Concetta in segno del suo legame con l'indimenticato passato. Il quadro raffigurava la Madonna visibilmente in estasi: gli occhi rivolti verso il cielo, la bocca semiaperta come quando si esprime incredulità, le gote leggermente rosee, la mano destra semichiusa a forma di coppa poggiata delicatamente sul cuore, e la sinistra, sospinta verso l'osservatore, impegnata nello stringere una missiva tra il pollice e l'indice. Come poteva la novella sposa non riconoscere le fattezze di sua madre, tante volte decantate dall'ammirazione di suo padre, nell'atto di custodire la lettera d'amore del suo amante non più misterioso?

    Prossima ai settant'anni, Concetta non esitò a ridacchiare di quella stravaganza del padre e a beffarsi del Cardinale ancora intento ad esaminare l'opera pittorica di un ritrattista palermitano. Ormai era pronta a patteggiare con l'ingombrante passato.

   "Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi. Non le pare Eccellenza?" Il Cardinale fu colto di sorpresa e non si aspettava di certo un'affermazione così rivoluzionaria da parte di una donna. Poi esclamò: "Sia fatta la sua volontà!" ordinando ai suoi accompagnatori di togliere il quadro dall'altare e di collocarlo tra i ritratti di famiglia sulla parete del salone.

    I ritratti dei due amanti, appesi l'uno accanto all'altra, da quel giorno poterono seguire con lo sguardo la propria adorata figlia mentre, durante la giornata, attraversava la sala per recarsi in giardino. Per la gioia di Concetta, ma non di certo per quella di Bendicò junior, ogni pomeriggio la casa si riempiva di bambini, gli undici adorati nipoti, figli di Fabrizio, Rosalia e Maria Stella.

Le tradizioni non si possono ignorare perché il passato è sempre in agguato.

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