Madame Bovary

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Il mausoleo di Emma, il genio recante una torcia spenta, adesso viveva: Charles guardava ogni cosa, ed i suoi occhi parlavano lo stesso linguaggio di quelli della moglie, egli assaporava le sue gioie, veniva invaso dai suoi dolori, dalla frivolezza, dall’attrazione irresistibile per la mondanità; doveva comprenderla, lui solo l’aveva veramente amata, ed a lui solo adesso veniva dato di penetrare intero il mistero della sua Anima trafitta da venti invincibili…

Charles s’inginocchiò, subì la sferza dell’avidità, inghiottì insieme a lei la bile del rancore, fu bambino assieme ad Emma, divenne i suoi ricordi, i suoi trasecolanti progetti per un domani di rose e viole… E fu la gloria vana dei baci assetati dell’adulterio, degli abbracci che non placano, dei sorrisi perfetti di un istante soltanto; Charles soffriva, il suo corpo adesso era scudo per i peccati di Emma, e tramite per quanto stava per compiersi. I ricordi di lui si mescolavano a quelli di lei: Charles ed Emma diventavano una sola cosa…
Egli si portò la mano alla guancia, istintivamente, e gli parve di sentire la morbidezza della lana azzurra del primo vestito di Emma, quello che le aveva visto a casa di suo padre, quando dalle curatissime mani di lei il suo sguardo era stato avvinto dai suoi occhi, laghi scuri, anfratti profondi senza requie.
Riandando con la mente a quegli occhi che parlavano di ardore e solitudine, Charles comprese gli errori di Emma, leggendo i desideri di lei direttamente alla fonte dalla quale sgorgavano con allegri zampilli.
La desiderava, adesso, come mai l’aveva desiderata in vita, perché, semplicemente, la conosceva; l’Uomo, con tutte le passate sofferenze, e le umiliazioni patite, ed i colpi costanti dell’opacità di giorni tutti uguali, conosceva la Donna, intrepida, fragile, schiacciata e resa deforme nell’Anima da un destino che l’aveva voluta nascosta all’umido di quattro pareti, splendente senza lucore, irrancidita dalla mediocrità, che per lei aveva lo stesso sapore della sostanza che le aveva dato la morte.
La Morte! Quella di Héloise aveva decretato l’inizio dell’Amore per Emma, ed era giunta ancora una volta a reclamare la sua preda…
La Morte, la Fatalità, come egli stesso aveva detto a Rodolphe, era colpevole di tutto. Si era sempre sentito da meno di Emma, da meno di quelle dita nervose che tutto prendevano ed al contempo, tutto lasciavano cadere; della sua bellezza, così diversa dall’aspetto ordinario di un povero medico condotto! E ancora, della sua voce, trillo di uccello esotico, che era diventata anche uno stridìo, a volte…
Qualcosa interruppe ad un tratto il corso famelico dei suoi pensieri.
Charles stette in ascoltò… Ascoltò. Idee luminose gl’invasero l’Anima, egli sentiva cose mai percepite, “palpitava”.
Polvere d’oro finissimo promanava dalla tomba di Emma come un unguento, come balsamo per ferite altrimenti immedicabili…
Emma penetrava nello spirito di Charles con tutto ciò che di puro e meraviglioso vi era stato in lei: i sogni, simili ad acquerelli dipinti in punta di pennello; le passioni, mondate però della concupiscenza, della smania del possesso ad ogni costo; la preziosa filigrana di suoi sospiri e la madreperla del suo incarnato…
Tutto questo fu in lui. La seta dei suoi abiti, il loro vellutato apparire indosso a lei simili ad epifanìe miracolose, carezzava adesso il cuore di Charles, lo consolava, lo…Amava. I costosi pendagli divenivano rose in boccio, Charles era invaso dall’essenza di quella donna bellissima e imperscrutabile che era stata sua moglie, quella stessa donna che adesso lo colmava di una voluttà mai percepita; la passione lo attraversava, ma solleticando il suo spirito come brezza marina, senza ossessionarlo come aveva ossessionato in vita Emma. Charles non era più un estraneo in lontananza, sentiva che sua moglie lo adorava, lo stringeva in un abbraccio fraterno e appassionato al tempo stesso, lo liberava dal peso della sua goffaggine, del suo sentirsi sempre fuori luogo, non adatto al mondo di Emma! Tutto ora aveva un significato, tutto parlava al cuore di Charles di chiarezza e di pace… La piccola Berthe sarebbe stata fanciulla, e poi donna, e poi madre, e lui l’avrebbe colmata dell’amore che adesso Emma aggiungeva copioso al suo spirito…Non era un padre solo con una figlia da crescere: era un marito fortificato dall’Amore di sua moglie, proteso verso gli anni futuri con tutto l’entusiasmo di un genitore presente, invincibile, traboccante di progetti… Quanto è grande l’Amore se unito alla Consolazione di vedersi riconosciuto! Emma aveva compreso, la sua Anima glielo mandava a dire: “Se in vita sono stata cieca, adesso io vedo, Charles adorato! Chiudo per sempre la finestra dalla quale guardavo i passanti e quel mondo grigio, ed apro la porta ai colori della Nostra Casa, Charles, l’unica degna di questo nome! Rodolphe, coi suoi calcoli meschini e la sua bieca crudeltà, e Léon, pavido e pusillanime, non mi hanno mai amata, solo avuta, come si ottiene un trofeo in un torneo di carte! La bellezza delle loro membra non li ripagava della povertà dei loro cuori…”
Queste ed altre soavi parole Charles udiva, e continuò ad udirle per tutta la notte e fino all’alba del giorno seguente, e per molto altro tempo ancora, ché il Tempo della pace e della consolazione non ha durata che umani strumenti possano misurare… Ed il Miracolo infine si compì: in Emma, con Emma, egli amò finalmente se stesso.

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