Premessa: questo articolo è una risposta a una domanda ricorrente che lettori ed ex alunni mi pongono al termine di analisi, riflessioni, sfoghi, reprimende, recriminazioni e presa d’atto della citazione latina “mala tempora currunt”.
In effetti, tra guerre, attacchi alla libertà di pensiero, crisi del welfare, crisi dei partiti e aumento vertiginoso dell’astensionismo, non c’è da stare allegri, e il futuro è di certo legato alle risposte che sapremo dare, senza tergiversare, alla consueta domanda di coda: che fare?
È per questo che non mi perderò nei meandri delle cause e delle responsabilità, vecchie e nuove, di questi “mala tempora”, brutti tempi, ma mi sforzerò di scrivere quello che potremo fare tutti, me compresa, da domani mattina.
Il primo suggerimento è di “copiare” le migliori pratiche che esistono in Italia e che sono riuscite a cambiare, dall’oggi al domani, l’esistenza difficile di giovani e anziani che avevano perso la speranza di un futuro migliore.
Se potete, cari lettori, andate a visitare, anche su internet, Borgo Croce, in provincia di Reggio Calabria, dove scoprirete un paese rinato dalle iniziative di “tutti” i residenti che, senza chiedere contributi e finanziamenti PNRR, hanno ridipinto case, portoni, finestre, scritto poesie sui muri esterni, tracciato percorsi letterari sul selciato e trasformato ruderi cadenti in opere d’arte con la sola forza delle mani e della fantasia. Hanno, cioè, contribuito tutti insieme a rendere bello il posto dove vivono e lo hanno saputo poi “raccontare”. (Approfondimenti)
Di questo paese del profondo sud stupisce l’orgoglio dei cittadini di farcela da soli, senza prebende statali e rivalse di primogenitura, “partecipando”, gomito a gomito, a rivitalizzare il proprio paese, ora divenuto meta preferita di molti turisti.
Chiariamoci: questo suggerimento non è un invito perentorio a prendere domani secchio, colori e pennello per ridipingere il proprio quartiere. Vuole essere, invece, la proposta di rimettere in moto una parola ormai in disuso che ha prodotto in passato tanti benefici alle nostre comunità: partecipazione. La ricordate?
Non è più tempo di “delegare” la propria vita a nessuno, non è più tempo di chiudersi disillusi in casa a pensare ai fatti propri, non è più il tempo di passare la giornata sui telefonini e sui social, che ci riducono, ora dopo ora, a una massa di conformisti da fotocopiare, telecomandare e spaventare. Grazie al cielo, incominciano a diffondersi, anche nei dintorni, i tentativi di ridurre la dipendenza dai social, che sta oscurando le relazioni umane “vis-à-vis”.
Una libreria di Barletta, ad esempio, sta proponendo di recente incontri culturali a telefonini spenti, mentre docenti tecnologicamente molto esperti utilizzano i social in classe per stimolare lo spirito critico degli studenti.
Cultura è ascoltare parole, guardare un film, leggere un romanzo, seguire storie in estremo raccoglimento, non con un occhio al telefono per non perdersi l’arrivo del messaggio.
Viviamo un tempo di semplificazione e di divulgazione di massa. Una sorta di “democrazia di schiavitù volontaria”, perché non contempla il giudizio critico e, soprattutto, lo scoraggia.
La scuola deve diventare “la fucina del libero pensiero”. Inoltre, deve continuare a diffondere la bellezza, come di recente ha fatto durante le giornate d’autunno del FAI con i preparatissimi apprendisti Ciceroni, speranza della nostra comunità (nella foto con il presidente regionale del FAI, prof. Saverio Russo).
“La povertà del futuro sarà l’ignoranza, e le differenze sociali degli anni a venire saranno stabilite, più che dal denaro, dalla cultura di chi sa qualcosa e di chi non sa niente, da chi è ancora in grado di pensare con la propria testa e chi no”. (Luciano De Crescenzo, da “Il caffè sospeso”).
ANTONIETTA D’INTRONO
Via: Corriereofanto